Lara Vinca-Masini, Scritti scelti 1961-2019. Arte Architettura Design Arti applicate.
Edited by Alessandra Acocella, Angelika Stepken, Florence 2020


Texts (in Italian) by Alessandra Acocella, Angelika Stepken, Giuliano Gori, Stefano Pezzato, Gian Piero Frassinelli, Alessandro Poli, Renato Ranaldi
Design by Gli Ori; 448 pages





Per una deistituzionalizzazione estetica e sociale.
Lara-Vinca Masini: 60 anni pensare con arte



Angelika Stepken



Il primo testo di Lara-Vinca Masini in questa antologia venne originariamente pubblicato nel 1961 sul quotidiano fiorentino Il Giornale del Mattino. Gli ultimi due contributi di questo libro risalgono al 2018/19: la prefazione a un libro, già concepito nel 1967, dell'architetto Leonardo Ricci, finalmente pubblicato nel 2019 su iniziativa della Fondazione Michelucci, e un appassionato pamphlet antirazzista scritto nell'estate del 2018, quando la coalizione Lega-5 Stelle andò al governo. Quest'ultimo testo venne distribuito dall'autrice ad amici che andavano a visitarla. Fra i due testi sono trascorsi quasi 60 anni, durante i quali Lara-Vinca Masini ha instancabilmente scritto e pubblicato. Ha scritto e scrive su artiste e artisti, designer, architette e architetti il cui lavoro ha seguito per decenni. Con frequenza ha scritto e scrive anche su giovani artiste e artisti, designer, architette e architetti, il cui lavoro ha attirato la sua attenzione e la sua stima nel corso degli anni. E ha scritto e scrive – di solito con indignazione – su (mancate o sbagliate) decisioni politico-culturali e istituzionali che hanno impedito la realizzazione di opere e progetti. Lara Vinca Masini ha scritto sempre a Firenze e una parte consistente dei suoi testi ha a che vedere con ciò che vi è avvenuto in campo artistico e architettonico dagli anni Sessanta ad oggi.

Nel tempo Lara-Vinca Masini è diventata un'istanza tanto appassionata quanto spietata della critica dell'arte e dell'architettura. Dopo i suoi inizi professionali nella rivista culturale Criterio pubblicata da Ludovico Carlo Raggianti e poi fino al 1966 nella segreteria redazionale del bimestrale artistico-culturale seleArte, per il resto della sua vita Lara-Vinca Masini ha lavorato da libera professionista come autrice, critica d'arte, e anche come curatrice – anche se in realtà questo non-istituzionale autonominarsi curatore/curatrice fino ai tardi Ottanta non corrispondeva a una vera e propria professione riconosciuta. Solo dopo il boom del mercato dell'arte, le relative nuove strategie dell'attenzione, e a causa delle complicate procedure instituzionali, i curatori si sono affermati nel ruolo di figure riconosciute fra gli artisti e gli spazi programmatici. Ma Lara Vinca Masini non prese la strada dell'autrice-critica che diventa curatrice, cioè un percorso dentro le istituzioni, al contrario di molti (ex) critici negli scorsi 20, 30 anni. La prima mostra la curò su invito: il XIV Premio del Fiorino a Palazzo Strozzi a Firenze. I suoi tre co-curatori erano Gillo Dorfles, Renato Barilla e Marisa Volpi. Aprirono la mostra dalla dimensione locale a una dimensione nazionale, e per lo spirito conservatore che governava (e governa) la città fu scandalo. Un trauma che ha ripetutamente accompagnato Lara-Vinca Masini nel corso degli anni e dei decenni a Firenze. Ma lei ha continuato a scrivere e a criticare.

Lara-Vinca Masini non ha mai insegnato regolarmente a un'Università o Accademia d'Arte – che grande perdita per le generazioni di studenti. Non ha mai pubblicato regolarmente nelle pagine di uno dei grandi quotidiani italiani. Negli anni Sessanta fino agli anni Ottanta ha ripetutamente pubblicato contributi per riviste d'arte e di architettura come NAC Notiziario Arte Contemporanea, Skema, Iterarte, DOMUS, Abitare, o Arte e società. Non ricercò il salto nelle grosse riviste d'arte internazionali, quali ad esempio artforum (USA, fondata nel 1962) o Kunstforum (Germania, fondata nel 1973) o artscribe (Gran Bretagna, fondata nel 1976). Piuttosto lei si concentrava il suo impegno nei testi per cataloghi, come già nel 1967 per la mostra lo spazio dell’immagine a Foligno, che per la prima volta in Italia presentava interventi nello spazio pubblico. Scrisse nel catalogo insieme ad autori come Germano Celant e Giulio Carlo Argan. Dall'inizio degli anni Sessanta a oggi ha scritto diverse centinaia di testi per cataloghi. Si tratta di testi critici, dal momento che si confrontano intensamente con il lavoro di un artista o architetto e tentano di tematizzare nuovi contesti. Ma sono sempre testi formulati in maniera chiara ed elogiativa nei confronti dell'artista o del progetto, e scritti per potere essere fruiti nel tempo. Le volte che Lara-Vinca Masini ha partecipato al discorso pubblico con critiche ammonitrici e veementente negative, si trattava esclusivamente di politica culturale (locale).

Lara-Vinca Masini vive, pensa, e lavora in diretto dialogo personale, ma sopratutto mentale, con le artiste e gli artisti che stima. Ci sono artisti significativi e sopratutto architetti – come Renzo Piano, Peter Eisenman, Jean Nouvel o Daniel Liebeskind – dei quali si è occupata intensamente nel corso degli anni, ma di cui oggi si rende conto di averne scritto in verità pochissimo, solamente nei volumi di storia dell'arte contemporanea (Giunti, 1989). Ci sono artisti internazionali che cita in mezze frasi, per specificare contesti artistici regionali o nazionali, ma di cui non si è mai veramente occupata. I cataloghi in cui ha pubblicato coprono un vasto spettro che va da mostre locali fino a nazionali, da mostre di gallerie fino al suo testo di curatrice nel catalogo della Biennale di Venezia 1978. Con la sua selezione di artisti Lara-Vinca Masini non perseguiva una precisa strategia di carriera. I temi principali della sua attività di autrice e curatrice li decideva lei stessa. Per vivere ha scritto e redatto tanti, tanti libri su artisti moderni classici (da Van Gogh, a Antoni Gaudi, George Braque, fino al libro sull'Art Nouveau, 1976), libri e testi di riferimento di storia dell'arte, commissionateli fra il 1979 e il 2003. Questi testi non sono inclusi in questa antologia dedicata ai suoi scritti sulla contemporaneità.

Gli anni Sessanta e Settanta sono stati presumibilmente gli ultimi decenni in cui a Firenze e negli immediati dintorni della città artisti e artiste contemporanei riuscirono a creare spazi di risonanza per concetti innovativi, catturando di conseguenza l'attenzione del discorso artistico internazionale pur senza lasciare la città. Già negli anni Cinquanta Lara-Vinca Masini era entrata in contatto con il mondo del contemporaneo degli degli artisti, riconoscendone la rilevanza nel pensiero sociale, prima ancora di entrare nella storia. L'appena tredici anni più anziano Carlo Ludovico Ragghianti fu per lei esempio di ruolo e sostenitore. Già negli anni Trenta Ragghianti aveva scritto i suoi primi testi sulla relazione fra arte e cinema e nel 1935 aveva fondato la rivista Critica d'arte. Era militante antifascista, aveva organizzato la resistenza partigiana a Firenze, finendo in prigione diverse volte, e dopo la guerra dal 1948 al 1972 insegnò all'Università di Pisa. Al Palazzo Strozzi di Firenze curò significative mostre di architettura, fra cui quelle di Frank Lloyd Wright (1951), Le Corbusier (1963) e Alvar Aalto (1965).

Ragghianti – e anche Lara-Vinca Masini – pensava l'arte secondo categorie sociali e mediali. Ma la cosiddetta arte multimediale, come il cinema, la fotografia e a partire dagli anni Sessanta la videoarte, non suscitarono mai grande interesse in Lara-Vinca Masini. Neanche quando Gloria Maria Bicocchi e consorte aprirono a Firenze nel 1972/73 uno dei primi spazi dedicati alla videoarte in Europa, art tapes 22 (Bill Viola ci lavorava come tecnico e artisti come Vito Acconci, Antoni Muntadas, Allan Kaprow, Marina Abramovic fra gli altri vi produssero i loro primi lavori video), si trovano articoli di Lara Vinca Masini dedicati a questa nuova forma d'arte innovativa e autoriflessiva. Neanche i congressi internazionali Arte e Comunicazione e Arte e tecnologia al Forte Belvedere, cui fra gli altri parteciparono Aldo Rossi, Gillo Dorfles, Umberto Eco, Pietro Grossi e Maurizio Kagel, in seguito ai quali diversi artisti della poesia visiva si unirono nel 1963 al Gruppo 70 fondato da Eugenio Miccini, trovarono alcun riscontro nel corso degli anni nei testi di Lara-Vinca Masini. La performance, nuovo medium artistico esplorato ad esempio nel 1967 da Ketty La Rocca in un'azione nello spazio pubblico fiorentino e più avanti anche nella Facoltà di Architettura di Firenze, non è per Lara-Vinca Masini un tema prominente. E soltanto molto dopo, in testi divulgativi, definisce ad esempio il movimento Fluxus come un importante fenomeno artistico degli anni Sessanta.

Lara-Vinca Masini ha scritto di ciò che la sfidava intellettualmente e che la convinceva formalmente, di cui voleva parlare pubblicamente. Essenziale all'inizio della sua produzione critica fu l'"Arte Programmata", sulla quale pubblicò un articolo su Domus. In questo testo Arte programmata, Arte cinetica, Arte visuale riconosce in "opere aperte" delle "nuove dimensioni" di interpretazione della realtà e nuovi linguaggi visivi, che nella loro costellazione si aprono a un ventaglio di interpretazioni. La sua argomentazione segue nel testo un dialogo immaginario (?) con Bruno Munari per descrivere l'unicità di questa nuova arte e la sua effettiva trasformazione in movimento. Sostiene dunque che i criteri scientifici, fatti finalmente scendere dal loro piedistallo assoluto, sono stati integrati nelle opere. Si tratta di una nuova pratica collettiva e interdisciplinare che si apre alle innovazioni sociali e tecnologiche. Si tratta del reale utilizzo i questi oggetti cinetici, che nella loro programmaticità creano un ponte fra economia, industria e design industriale. Per tutta la vita Lara- Vinca Masini continua ad occuparsi di opere di arte applicata come quelle di Enzo Mari o Paolo Scheggi, nella loro relazione fra arte-costruzione/architettura-spazio urbano. Si tratta come di riflessioni-Bauhaus, che Lara-Vinca Masini negli anni Sessanta, allora quarantenne, dedica all'arte cinetica. In queste riflessioni la qualità del gruppo, dell'ego non solitario dell'artista, gioca un ruolo fondamentale, come poì sarà anni più tardi nel caso degli architetti radicali di Firenze.

Anche nel testo Architettura e anti-architettura, design e anti-design, crisi d’identità disciplinare Lara-Vinca Masini scrive, ancora del 1978, che tutti gli attori nel contesto dell'arte si sentivano ancora intrappolati in discipline che, già messe in questione dall'Avanguardia, sarebbero ormai state rese obsolete dalle sfide globali e dall'integrazione di ogni specializzazione. In diversi contributi si confronta con gli aspetti critici-ironici e utopici-visionari dell'Architettura Radicale e con le ragioni per cui questo movimento scaturì proprio a Firenze alla metà degli anni Sessanta. Studiò in maniera acribica l'economia della città, le strutture interne delle istituzioni universitarie e il ruolo di alcune figure di spicco, come gli architetti Leonardi Ricci o Leonardi Ravioli nel campo dell'architettura. In quegli anni l'innovazione artistica partì dagli architetti, che nell'andare incontro ad artisti visivi e artisti che lavoravano col suono, aprirono nuovi spazi di pensiero e azione. Ciò che invece nel corso degli anni non trova spazio nei testi di Lara-Vinca Masini sono i grandi temi politici del suo tempo: dall'eredità del fascismo, alle rivendicazioni della sinistra negli anni Settanta, gli "anni di piombo" dell'(anti)terrorismo fino allo sgretolamento delle ideologie e delle strutture dei partiti, o i lunghi anni berlusconiani ecc.

Eppure Lara-Vinca Masini segue gli avvenimenti politici con grande attenzione. Forse voleva preservare l'intelligenza dell'espressione artistica dalle "bassezze" della politica. In ogni caso parla di "crisi" e "spettacolarizzazione" quando le capita di menzionare i cambiamenti del mondo e del discorso politico. Neanche la sostenibile "Rivolta Femminile", che aveva portato una collega come Carla Lonzi (1931-1982) ad abbandonare la critica d'arte per dedicarsi alla lotta femminista e al concetto di autocoscienza, sembra raggiungere Lara-Vinca Masini a livello personale o professionale. Molti anni dopo, in un testo postumo su Ketty La Rocca (1989), scrive: "…L’adesione alle rivendicazioni femminili non ha mai rappresentato, per lei, almeno mi sembra di capire, una sfida nei confronti della creatività maschile. Credo fosse proprio il suo ultimo pensiero. La sfida era solo con se stessa..." Parole che Lara-Vinca Masini avrebbe forse potuto usare a proposito di sè stessa.


Non è facile descrivere come Lara-Vinca Masini si relazionava alle opere di singoli artisti (e architetti). La base di ogni testo che ha compilato non è solamente un impegno dettagliato con le opere e i pensieri dello specifico artista, ma un dialogo intellettuale e umano quasi intimo, iscritto in un contesto storico e sociale. In realtà gli articoli monografici sono inni a interlocutori reali e allo stesso tempo immaginari, dediche a una radicalità e a un rigore artistico che costituiscono il centro della sua vita. Lara-Vinca Masini vive con grande gratitudine in dialogo con gli artisti, nella compagnia (ideale) degli artisti e delle loro opere. Nei suoi testi si intersecani gli spazi di pensiero dei partecipanti. È come se spiritualmente lei vivesse in un circolo in grado di trasformare le realtà. In queste dediche e dialoghi il suo pensiero trova ispirazione e scaturisce in parole. Scrive soltanto attraverso l'intuizione visiva. Allo stesso tempo con i suoi testi nobilita le specifiche posizioni artistiche, dal momento che tende a celebrare in maniera molto concreta gli artisti e le loro opere in termini di eccezionalità e unicità. In un certo senso i suoi testi creano uno spazio protettivo intorno agli artisti trattati, come se – una volta scritti – diventassero inattaccabili. Nel corso degli anni il suo orizzonte retrospettivo diventerà sempre più vasto e la compagnia degli artisti prescelti sempre più chiaramenente parte integrante della sua traiettoria biografica. Ma lei non ha mai, al contrario di Carla Lonzi in Autoritratto (1969), tematizzato questo suo modo di scrivere di arte. Ci sono artisti su cui ha scritto tanti testi nel corso dei decenni. Ce ne sono di altri, come ad esempio Giuseppe Chiari, che stima moltissimo, ma sul quale viceversa ha scritto poco. Lo invitò a mostre importanti, come ad esempio nel 1968 alla Biennale di Venezia o due anni dopo a Umanesimo Disumanesimo.

In confronto all'abbondanza della sua produzione di testi (che lei sia con che senza committenza scriveva in grande autonomia) il numero delle mostre curate da Lara-Vinca Masini fra il 1967 e il 2013 rimane modesto. Nella lista delle esposizioni da lei curate è facile riconoscere quelle iniziate da lei stessa e quelle che fu incaricata di curare. Purtroppo non esiste una lista ragionata dei suoi numerosi progetti di mostre che non poterono mai essere realizzati; a volte vengono menzionati fra le righe, come ad esempio una mostra con Leonardo Ricci, Giuseppe Chiari e Silvano Bussotti a Roma o più tardi negli anni Novanta la desiderata continuazione e attualizzazione del progetto Umanesimo Disumanesimo nello spazio urbano fiorentino. Spesso i progetti fallivano per mancanza di volontà politica, per via di una politica basata su esclusione e campanilismo, chiusa ai criteri della professionalità e al dibattito internazionale. Fino ad oggi nei suoi scritti Lara-Vinca Masini ha sempre combattuto con veemenza contro questa grettezza politica, che non voleva/vuole dare spazio e risonanza ad artisti e concetti eminenti. Di fatto, a partire dagli anni Ottanta e per diversi decenni Firenze ha perso di interesse come sede del discorso artistico contemporaneo.

Anche il Centro Proposte, fondato da Lara-Vinca Masini insieme a un gruppo di artisti e architetti nel 1964, scaturisce da un grosso progetto di scultura nello spazio pubblico rimasto irrealizzato. Il Centro Proposte si costituì come formato aperto, itinerante e collettivo, che cercava la collaborazione con artisti, architetti e "nuovi" formati in diverse località italiane. Si presentava come laboratorio urbano che cercava di superare i confini fra le discipline. Nel corso di appena tre anni il Centro Proposte ha reso possibili diciassette mostre, quattro mostre itineranti, numerose edizioni e pubblicazioni, fra cui la Prima Triennale Itinerante di Architettura Contemporanea Italiana. Nel 1967 il Centro Proposte venne invitato a partecipare alla V edizione della Biennale dei Giovani Artisti a Parigi (curata da Giulio Carlo Argan e da Palma Bucarelli) con la mostra Spazio cinetico-sonoro organizzato. Molti dei testi degli anni 1964/67 di questa antologia, come ad esempio Ipotesi linguistiche intersoggettive (1967), sono stati scritti in occasione di progetti del Centro Proposte.

Qualche anno dopo a Lara-Vinca Masini si presentò nuovamente l'opportunità di concepire e attuare un programma dal lungo respiro in squadra con Vittorio Fagone. Insieme, i due iniziarono nel 1974 la Prima Biennale d’Arte Contemporanea di Livorno, cui parteciparono molti significativi artisti italiani con 150 opere, che il Comune poi acquistò per farne il primo nucleo della collezione del futuro museo di arte contemporanea. Fino al 1985 Lara-Vinca Masini fu impegnata nel comitato scientifico del museo e come autrice e curatrice, fra l'altro con mostre di Enrico Baj, Alberto Moretti o collettive sul "Cinema d'Artista" o sulla "Narrative Art". Nel 1989 il Museo Progressivo d'Arte Contemporanea di Villa Maria venne chiuso – non esattamente una lunga esistenza per una istituzione museale, che in quanto tale dovrebbe sopravvivere ai tempi.

Nel 1978 Lara Vinca Masini viene invitata, insieme ad Enrico Crispolti e a Luigi Carlucci, a curare il contributo italiano alla Biennale di Venezia, che quell'anno aveva il titolo Dalla natura all’arte, dall’arte alla natura. I tre curatori ebbero tempo da febbraio a luglio per sviluppare un concetto, scegliere gli artisti, pianificare e realizzare le mostre. Fra di loro i curatori non trovarono alcun comune denominatore. Ciascuno realizzò la sua mostra e Lara-Vinca Masini ne fece addirittura due. Nel padiglione centrale presentò con il titolo Topologia e Morfologia opere di otto artisti uomini: Giuseppe Chiari, Paolo Masi, Alberto Moretti, Fabio Mauri Enzo Mari, Maurizio Mochetti, Gianni Emilio Simonetta ed Eliseo Mattiacci. Una costellazione di lavori che, servendosi di un linguaggio formale ridotto e deciso, esprimevano scetticismo nei confronti di qualunque sistema ideologico. Nei Magazzini del Sale Lara-Vinca Masini mette in scena la seconda mostra, dedicata ai protagonisti dell'Architettura Radicale (fiorentina) – Superstudio, Archizoom, UFO, 9999, Zziggurat e anche gli indipendenti Gianni Bettina e Remo Buti – con opere meravigliose e profondamente poetiche. Negli anni precedenti al 1978 in realtà la collaborazione fra i collettivi di Architettura Radicale si era esaurita. L'apparizione alla Biennale di Venezia costituì dunque un primo riepilogo di questa pratica sperimentale e collettiva durata oltre dieci anni, che continua ancora oggi ad essere fonte di ispirazione.

Nel 1980 Lara-Vinca Masini riesce finalmente a realizzare a Firenze una mostra che su grande scala va al di là del formato classico, intervenendo nello spazio urbano con opere contemporanee e allo stesso tempo presentando una voluminosa mostra di pittura europea a partire dal 1890, senza tralasciare la relazione della città con la propria eredità storico-culturale. La mostra Umanesimo Disumanesimo nell’arte europea 1890/1980 fu per Lara-Vinca Masini (e per la città) uno statement importante che fino ad oggi non ha trovato seguito. In una breve prefazione del 2017 ha scritto: "Da parte mia fu probabilmente da quel momento che mi venne il desiderio di impostare la mia futura Storia dell’arte contemporanea scindendo le due linee dell’arte secondo queste due pulsioni, nella linea del Modello e in quella dell’Unicità, e per usare termini anche superati, dall’apollineo al dionisiaco."

L'oppurtunità di Umanesimo Disumanesimo venne resa possibile dall'allora assessore alla cultura Franco Carmalinghi, che tuttavia perse la sua posizione durante i preparativi della mostra. Con quanta violenza la città gli si rivoltò contro – e anche contro Lara-Vinca Masini – quasi quarant'anni fa, lo dimostrano non solo le diverse azioni di sabotaggio durante la fase di allestimento della mostra (durante l'inaugurazione la grande mostra di pittura era al buio), ma anche gli atti di vandalismo contro opere in cortili interni (Renato Ranaldi), e la chiusura di parti della mostra (Wolf Vostell il giorno successivo all'inaugurazione!). Persino la stampa locale si era ribellata con veemenza al fatto che a questi artisti e architetti internazionali – Sandro Chia, Giuseppe Chiari, Luciano Fabri Mauri, Hermann Nitsch e Wolf Vostell – fosse stata concessa visibilità nell'abito (pseudo) storico della città. In occasione della mostra venne pubblicato un catalogo. La documentazione delle mostre e dei lavori degli artisti/architetti esposti è tuttora conservata nell'archivio di Lara Vinca Masini. In occasione di una mostra-archivio presso Villa Romana nel 2017, Lara-Vinca Masini scrisse nella sua introduzione che il progetto venne elogiato e riconosciuto a livello internazionale e dalla cultura artistica e filosofica italiana, ma fu letteralmente respinto e negato dalla città. Scrive che alla fine della performance di Hermann Nitsch ebbe la sensazione di "gettare perle ai porci, e non riuscii a non scoppiare in lacrime."

Le (grandi) mostre che Lara-Vinca Masini curò nei decenni successivi furono dedicate fra le altre cose all'arte dei gioielli in Italia, da lei molto apprezzata, alla scultura di piccola scala e a un secolo di arte a Pistoia.